Non sono qui per dirvi che stiamo vivendo in un periodo di cambiamento profondo (anche se lo sto scrivendo) ma ce ne stiamo accorgendo tutti. Tralasciando per un momento il COVID, chi sta subendo una trasformazione radicale sono le nuove generazioni, i giovani (OK BOOMER!).
Per giovani intendo i rappresentanti della cosiddetta GEN Z, indicati da Wikipedia (che sito retrò) come i nati nell’arco temporale che va dagli ultimi anni ‘90 a fine 2000.
I nati in questo periodo si portano dietro un’eredità pesante, un periodo di massimo benessere storico nella nostra visione occidentale che finisce praticamente con la crisi del 2008 che si è protratta, almeno da noi, per altri 4/5 anni.
Anche se probabilmente troppo piccoli per comprendere la reale entità della cosa, i nostri della GEN Z si saranno sicuramente ritrovati in un ambiente che ha cominciato a vacillare, che ha perso alcune certezze, che ha visto traslare il fulcro dell’economia e della politica mondiale altrove.
Non sono la persona giusta per dire come e perché, ma questi ragazzi sono diversi.
Uso questa parola perché credo rappresenti al meglio il cambiamento in atto.
Il diverso era prima qualcosa di sbagliato, di non accettabile. Appartenere alla massa era uno scudo alle nostre debolezze.
Ognuno di questi ragazzi ora è invece più padrone di sé stesso, sicuramente più libero di pensare, stimolato continuamente da esempi di chi ce l’ha fatta: blogger, creator, influencer ecc.
Come sono i ragazzi della GEN Z?
Il sentimento comune dei vecchi come me nei loro confronti è legato allo stereotipo della pigrizia da divano, smartphone alla mano e dipendenza da social media (acuita da mesi di lockdown).
Ma la realtà è ben diversa (ancora).
Partiamo dall’analisi di Next Atlas che approfondisce il tema del rapporto tra ragazzi e brand e quali valori devono riconoscere nelle aziende. Da questa ricerca emergono dei tratti ben distinti di questa generazione e assai distanti da quello che crediamo.
I credo sono:
REALNESS: inclusività, diversità, body positivity (sul tema consiglio la lettura dell’articolo di Antonella);
CONSCIOUSNESS-FIRST: attivismo, giustizia sociale, green revolution, senso di comunità;
FLUID-SELF: assenza di genere, fluidità sessuale;
BRAND-WARINESS: autenticità, narrativa.

Cosa possono imparare i brand dalla GEN Z?
L’output generale dell’immagine (1) è quello di essere (o almeno dimostrarsi) autentici, reali e trasparenti, farsi portatori di valori positivi come la filantropia, il rispetto e l’uguaglianza.
Cosa invece è da evitare? La mediocrità, la non sincerità, la pigrizia. I ragazzi hanno bisogno di risposte veritiere e veloci, non hanno tempo da perdere e vogliono sentirsi coinvolti anche nella creazione di contenuti e prodotti.
Il potere di spesa attuale della GEN Z (i più “vecchi” hanno 24 anni) è stimato da Unidays in 143 miliardi di dollari. Non parliamo di noccioline quindi, meglio adeguarsi in fretta.
Dove i brand possono trovare la GEN Z?
Per i brand abituati a lavorare con Zuckerberg sono tempi leggermente più bui. La GEN Z è iperconnessa ma su percorsi ancora una volta differenti e in continua evoluzione.
C’è il gaming, il cui settore varrà in prospettiva secondo Mordor Intelligence 314 miliardi di dollari nel 2026, dai 173 del 2020, con ritmi di crescita sbalorditivi soprattutto in Medio Oriente e Africa.
C’è l’audio in costante crescita: il report Culture Next di Spotify analizza la GEN Z e ne mostra un lato nuovo, dove la musica diventa un rifugio di benessere mentale in cui abbassare i “BPM” del Binge Watching e del Doom scrolling. Questo fa sì che, nel momento dell’ascolto, i ragazzi siano più ricettivi e che quindi Audio Ads e Podcast Ads diventino sempre di più efficaci nel contesto di ascolto, anche mixato con il gaming (nell’ultimo anno l’ascolto di Spotify tramite consolle è aumentato del 35%).
Capitolo finale lo merita Tik Tok, il media che riesce ad attrarre un crescente numero di ragazzi e che racchiude nella sua essenza quanto detto finora. Lì si vince con la trasparenza, esprimendo i propri sentimenti, facendo emergere il proprio valore e talento senza sotterfugi, solo chi merita si prende il centro del palcoscenico.
Per concludere si ripropone quindi l’eterno dilemma dell’uovo e della gallina: nascono prima i social che forgiano le generazioni o il contrario? Ai posteri… BLAH BLAH BLAH