Black Friday 2024: ha ancora senso fare promozioni?

Il Black Friday, oggi noto in tutto il mondo, ha origini americane e si celebra ogni anno il giorno successivo al Thanksgiving, ovvero l’ultimo venerdì di novembre. La tradizione nasce negli anni ’60, quando i negozianti iniziarono a proporre sconti stratosferici per attirare clienti e dare il via allo shopping natalizio. Col tempo, è diventato un evento globale, coinvolgendo anche i consumatori italiani.

Origini e meccanismi psicologici del fenomeno Black Friday

Il concetto di scarsità e urgenza è centrale: la limitata durata degli sconti fa leva sulla fear of missing out (FOMO), il timore di perdere un’opportunità. La combinazione di desiderio, urgenza e risparmio ha trasformato il Black Friday in un fenomeno irresistibile per molti, creando aspettative che si rinnovano ogni anno. Tuttavia, con l’avvicinarsi del Black Friday 2024, molte aziende si chiedono: ha ancora senso puntare tutto su questo singolo giorno?

Il “Black Friday esteso”: quando le promozioni si moltiplicano

Negli ultimi anni, abbiamo assistito a un’evoluzione del concetto di Black Friday.
Molte aziende, per evitare l’estrema concorrenza di un singolo giorno e catturare l’attenzione dei clienti in altri momenti dell’anno, hanno iniziato a proporre promozioni simili in periodi diversi. Il trend sembra più diffuso nel settore dell’elettronica di consumo.
Un esempio è Euronics con il suo “Black Star” a settembre, una sorta di mini-Black Friday anticipato di qualche settimana.
E c’è chi, come Expert, addirittura propone gli sconti “in nero” in piena estate.

Fonte: Facebook, Expert Italia

Queste promozioni fuori stagione rispondono alla necessità delle aziende di distribuire meglio il traffico e le vendite, evitando i problemi logistici e di stock che caratterizzano la frenesia del Black Friday tradizionale.
Il consumatore, dal canto suo, potrebbe essere meno incline ad aspettare novembre per acquistare, sapendo che altre opportunità di sconto possono emergere prima. Per il Black Friday 2024, dunque, le imprese dovranno riflettere su come distinguersi, considerando che l’effetto “novità” si sta diluendo con il tempo.

La saturazione del mercato: quando lo sconto non basta più

Un altro elemento da considerare è la saturazione del mercato. Con l’esplosione delle offerte durante il Black Friday, i consumatori sono sempre più abituati a sconti massicci, e le promozioni non sorprendono più come in passato. Il risultato è che, in molti casi, lo sconto da solo non basta per spingere all’acquisto.
Le aziende devono pensare a strategie di marketing più sofisticate, che puntino a creare un’esperienza d’acquisto unica o che offrano valore aggiunto oltre al mero ribasso dei prezzi. L’iper-promozionalità, estesa a diversi periodi dell’anno, rischia di portare a una “banalizzazione” del Black Friday 2024, dove i consumatori si aspettano sconti sempre più aggressivi e non si lasciano più sorprendere dalle tradizionali offerte.

L’importanza di una strategia omnicanale per il Black Friday 2024

Nell’era digitale, le aziende non possono più limitarsi a promozioni su un singolo canale. Il Black Friday 2024 richiederà una strategia omnicanale che integri e-commerce, social media, newsletter e, se applicabile, anche negozi fisici.
Per emergere nel mare di offerte, sarà cruciale creare una narrazione coerente su tutte le piattaforme, che stimoli la curiosità del consumatore e lo guidi senza intoppi attraverso il processo d’acquisto. Anche la personalizzazione delle comunicazioni avrà un ruolo decisivo: grazie ai dati raccolti durante l’anno, è possibile inviare offerte mirate e pertinenti ai singoli utenti. Le aziende che sapranno integrare al meglio la loro presenza online e offline, offrendo al cliente un’esperienza fluida e personalizzata, saranno quelle che trarranno il massimo vantaggio dal Black Friday.

Il Black Friday è ancora utile per le aziende?

Alla luce di queste dinamiche è lecito chiedersi: ha ancora senso fare promozioni per il Black Friday 2024?
La risposta è sì, ma con riserva.
Il Black Friday resta un’occasione di grande visibilità e un motore di vendite significativo, soprattutto per chi sa sfruttare il potenziale di marketing e creare offerte in linea con le aspettative del proprio target. Tuttavia, affidarsi esclusivamente a questo evento senza innovare potrebbe rivelarsi una strategia rischiosa. Le promozioni devono essere parte di una visione più ampia, che considera sia la fidelizzazione a lungo termine sia la possibilità di sorprendere i clienti in altri momenti dell’anno. Le aziende che sapranno bilanciare tradizione e innovazione avranno successo, mentre chi si limita a replicare gli schemi del passato potrebbe scoprire che il Black Friday non ha più l’impatto di una volta.

Si può allenare la creatività? Un commento ad Agguato Creativo di Matteo di Pascale

La creatività è davvero una dote innata, riservata a pochi eletti, o è una capacità che può essere coltivata e allenata da chiunque? Questa domanda è al centro del dibattito da decenni, soprattutto in ambiti professionali come la comunicazione, dove la creatività è il cuore pulsante del lavoro quotidiano.

Nell’immaginario collettivo, la creatività viene spesso vista come un’illuminazione improvvisa, un lampo geniale che coglie chi ha la fortuna di essere “creativo per natura”. Eppure, chi lavora con le idee sa bene che la questione è più complessa e sfaccettata di così.
È vero, esistono individui che sembrano avere una naturale inclinazione a trovare soluzioni fuori dagli schemi, ma questo non significa che la creatività sia esclusiva di pochi. Al contrario, è sempre più chiaro che può essere allenata, nutrita e stimolata come un muscolo.

Creatività: talento innato o abilità acquisibile?

Nel suo libro Agguato Creativo, esplora proprio questa idea, offrendo una prospettiva concreta e pratica su come chiunque possa sviluppare il proprio potenziale creativo. Il libro non è solo una riflessione teorica, ma un vero e proprio manuale di esercizi che mirano a risvegliare e potenziare la creatività di ognuno.

Di Pascale sfida la visione romantica del creativo come una figura solitaria che aspetta l’ispirazione, proponendo invece un approccio più accessibile e dinamico: la creatività è il risultato di un allenamento costante.
Il libro offre strumenti utili per superare i blocchi creativi, stimolando la curiosità e l’esplorazione attraverso esercizi pratici. In questo senso, Agguato Creativo è un vero e proprio compagno di viaggio per chi vuole migliorare la propria capacità di generare idee innovative, soprattutto in contesti professionali.

Esercizi per coltivare la creatività

Nel suo Agguato Creativo, Di Pascale propone oltre 50 esercizi semplici ma potenti per stimolare la creatività anche attraverso l’intuizione e l’introspezione. Questi esercizi spaziano dalla scrittura automatica al brainstorming, e sono pensati per risvegliare il pensiero laterale, quella capacità di vedere soluzioni alternative e inaspettate.

E poi, naturalmente, ci sono gli agguati. Brevi ma incisivi paragrafi pensati per scuotere il lettore e spronarlo a superare i propri limiti.

L’allenamento quotidiano della creatività

Per chi, come noi, lavora in un’agenzia di comunicazione, la creatività non è solo una qualità da ammirare, ma una necessità quotidiana. Ogni progetto richiede soluzioni originali, approcci freschi e idee che possano distinguersi in un mercato sempre più competitivo. Ma come si può mantenere costante questo flusso creativo?

Di Pascale suggerisce che, come ogni altra abilità, anche la creatività richiede pratica e dedizione. Non basta attendere il colpo di genio: bisogna creare le condizioni ideali affinché le idee possano emergere. Questo significa adottare routine, esercizi mentali e, soprattutto, saper vedere il mondo con occhi sempre nuovi. Una delle intuizioni chiave del libro è che la creatività non si genera dal nulla, ma è il frutto di un continuo processo di osservazione, rielaborazione e applicazione.

Il valore della creatività nella comunicazione

Nell’ambiente della comunicazione, la creatività è la chiave per catturare l’attenzione e trasmettere messaggi in modo efficace e memorabile. Tuttavia, l’ispirazione può essere sfuggente, e molti professionisti del settore sanno quanto sia facile cadere nella trappola della ripetizione o dei cliché.

Agguato Creativo ci ricorda che la creatività non è un dono che arriva solo dall’alto, ma qualcosa che possiamo coltivare giorno per giorno. Esercitandoci a pensare in modo differente, a esplorare nuove prospettive e a cercare connessioni inusuali, possiamo diventare più abili nell’affrontare le sfide creative. Questo è un messaggio potente, soprattutto per chi lavora in un contesto dove la freschezza delle idee è fondamentale per avere successo.

Conclusioni: la creatività come abilità accessibile

In conclusione, la riflessione di Di Pascale ci porta a una visione più democratica e inclusiva della creatività. Non esiste una barriera invalicabile tra chi è “creativo” e chi non lo è. Tutti possono allenare la propria mente a pensare in modo innovativo e originale, purché siano disposti a mettersi in gioco e a dedicarsi a un costante allenamento.

Per chi lavora nella comunicazione o nel mondo dell’arte, questo libro rappresenta non solo una guida pratica, ma anche un incoraggiamento a non smettere mai di esplorare nuove strade. Perché, in fin dei conti, la creatività non è un punto di arrivo, ma un viaggio continuo.


Matteo di Pascale è co-fondatore di Sefirot e creatore di strumenti analogici per creativi, tra cui le carte Intùiti.
Agguato Creativo è disponibile in formato cartaceo e digitale sul sito della casa editrice Sefirot.
https://sefirot.it/it/agguato-creativo

Dante: il sommo poeta nella pubblicità

Per quanto la produzione letteraria di Dante Alighieri sia stata ricca e variegata, tutti noi lo ricordiamo per:

“Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.”

Inizia così quella che l’autrice considera la storia più bella mai raccontata, di un impareggiabile valore culturale, linguistico, e spirituale. Un viaggio nato dalla mente di un solo uomo, punito in vita e ricoperto di gloria dopo la morte, al punto che molti vogliono vedersi associati alla sua figura.

Dante non è solo una figura centrale nella letteratura, è anche un’icona di italianità riconosciuta globalmente. Il suo profilo caratteristico, con il cappuccio rosso, la corona d’alloro e il naso aquilino, è facilmente identificabile e spesso è stato utilizzato nel mondo della pubblicità per evocare l’orgoglio e la cultura italiana.

In quante pubblicità compare la figura di Dante? Non lo sappiamo con certezza, ma abbiamo elencato qui alcune delle più famose.

Tim

Correva l’anno 2012. In barba al calendario Maya TIM se ne esce con una serie di simpatici spot con protagonisti Neri Marcoré nelle vesti di Dante, e una schiera di attori italiani.

In questo universo Beatrice ricambia l’amore del poeta, con cui scambia decine di messaggini grazie alla speciale offerta dell’operatore telefonico.

Foxy

Il povero Alighieri dodici anni fa deve aver fatto più di una giravolta nella tomba.

Foxy, marchio leader nella produzione di carta igienica e carta da cucina, si promuove con i “Piccoli colpi di genio”, una serie di spot dove i prodotti vengono utilizzati da grandi menti come Archimede e Leonardo da Vinci. Tra questi anche il povero Dante, che conclude il Paradiso su un rotolo Foxy Mega.

Olio Dante

Se chi sfrutta la figura di Dante una tantum, c’è chi ha deciso di dedicargli la propria intera identità.
Olio Dante, marchio storico di produttori di olio, dal 1898 si fregia del volto del ghibellin fuggiasco per evocare immediatamente e in tutto il mondo la propria qualità Made in Italy.

Dal sito del brand:
Le prime bottiglie di olio vengono spedite in Nord America, Argentina e persino in Australia con il marchio Dante, dando all’olio esportato un nome che potesse venir associato immediatamente all’Italia.”

Qui uno degli indimenticabili spot in onda su Carosello (1962).

Magnesia San Pellegrino

La digestione è un inferno? Nessun problema, c’è Magnesia San Pellegrino!

In questo manifesto pubblicitario prodotto in pieno ventennio, la figura di Dante viene usata per promuovere l’italico pvrgante che sovra gli altri com’aquila vola.

Il Paradiso in questo caso è un piatto di pastasciutta, e come dargli torto…

Sigari Victoria

Come avrete capito, le tipologie di prodotti a cui è stata affibbiata la faccia di Dante sono estremamente variegate.
Anche un marchio austrialiano di sigari lo ha usato sui propri anillas.

Olivetti

Finalmente in questa lista compare qualcosa che ha un minimo a che vedere con la letteratura.

Olivetti, marchio storico di macchine da scrivere e calcolatori -ora società informatica- ha nei suoi archivi un manifesto in latta che raffigura Dante alle prese con una M1.

Era il 1912, non c’era ancora l’abitudine di inventarsi slogan e headline chiassose (ma di usare testimonial si!). Basta un dipinto di Teodoro Wolf Ferrari, il prodotto, il nome dell’imprenditore e la sede della fabbrica. Il resto è storia.

Opere non pubblicitarie ispirate alla Divina Commedia

Il nostro vate col nasone è stato protagonista di svariati media.

Il Manga

Una bellissima trasposizione a fumetti della Commedia di Go Nagai, ispirata alle serigrafie di Doré.

Il gioco da tavolo

Go to Hell è il gioco da tavolo di casa Archie McPhee dove l’obiettivo è… non andare in paradiso.

Fumetti Disney

Topolino e Paperino hanno più volte vissuto avventure “dantesche”, ma la magnum opus è sicuramente “L’inferno di Topolino”. Pubblicata dalla Arnoldo Mondadori Editore tra il 1949 e il 1950, è stata ristampata più volte, l’ultima in occasione del settecentenario dalla morte di Dante.

Il videogioco

In tempi più moderni, la storia di Dante e Beatrice si è svolta anche sulle consolle.
Dante’s Inferno” è una versione rivisitata e più cruda del viaggio attraverso i gironi infernali, che si conclude con la sfida finale contro Lucifero.

Anche oggi, che usiamo strumenti che un uomo immerso nel Medioevo non riuscirebbe a concepire, il nostro modo di comunicare pilucca da quelle terzine immortali.
In futuro probabilmente vedremo altre rappresentazioni dell’opera che ha plasmato la nostra lingua e la nostra cultura, tanto da essere ancora nel nostro quotidiano dopo sette secoli.

Ma per l’amor del cielo, mai più per la carta igienica.

Facce da spo(r)t: gli atleti italiani protagonisti di campagne pubblicitarie nel 2024

A discapito del meteo, è un’estate caldissima per le nostre Nazionali.

Dopo aver assistito alla scalata di Jannik Sinner sul tetto del mondo tennistico e conquistato 24 medaglie agli Europei di atletica leggera (disputati in casa, fra l’altro), ci prepariamo a stare incollati davanti allo schermo per il campionato di calcio EURO 2024.

Forti, veloci, iconici

La rinascita -se mai c’è stata una decadenza- dello sport azzurro ha fatto diventare i nostri atleti delle vere superstar.

Dall’indimenticabile cappellino di Rubber (One Piece) indossato da Simonelli dopo ogni trionfo, alla barba dimezzata di Gimbo Tamberi, non sono solo le performance a renderli unici. E i brand lo sanno.
Stiamo assistendo a una corsa al testimonial che non si vedeva dal 2006 quando Fiona May e una piccola Larissa Iapichino hanno prestato il volto alla Kinder Fetta al Latte.
Sono passati quasi 20 anni -Larissa ha seguito le orme della mamma e ha da poco portato a casa un meritatissimo argento nel salto in lungo- ma quello che non passa è la voglia di grandi marchi di farsi associare con i numeri uno dello sport.

Ne vediamo un paio? Si dai.

Sinner: caffè, lusso e pelle protetta

Vince sempre lui, sulla terra rossa, l’erba e… l’Out Of Home?
L’autrice ha smesso di contare le volte in cui ha visto la chioma rossiccia di Jannik su un cartellone pubblicitario nelle ultime 3 settimane.

Lavazza, Gucci, La-Roche Posay, Fastweb… sono tanti, e vanno dai settori più disparati, i brand che hanno fatto a gomitate pur di essere rappresentati dal numero 1 dell’ATP Ranking.
Non avrà un sorriso contagioso, ma il tennista altoatesino è ormai più richiesto di Figaro. Tutti lo cercano, tutti lo vogliono.

Tim – la connessione più veloce del mondo

Quanto è bello poter affermare che l’uomo più veloce del mondo è italiano?
Per promuovere la fibra, TIM non si è fatta scappare un testimonial da record come @crazylongjumper, al secolo Marcell Jacobs.

Ma non è stata la prima volta, e certamente non sarà l’ultima, che Tim ha assoldato grandi nomi dello sport per le proprie campagne.

Prima di partire per la missione Euro 2024, Luciano Spalletti e alcuni giocatori della Nazionale di calcio hanno girato uno spot per un altro prodotto di casa TIM.

Xiaomi: questione di obiettivi

Un posatissimo e insolitamente “barbato” Gianmarco Tamberi posa per la multinazionale cinese con l’ultimo modello di smartphone.

Uno che dall’infortunio peggiore di sempre è riuscito a conquistare un oro nel salto in alto, ne sa qualcosa di obiettivi. E anche se non sono quelli fotografici, Xiaomi gioca con i copy e riconferma l’ambassador scelto nel 2022.

Il crollo dell’impero Ferragni: riflessioni sulla gogna mediatica e i confini della vita da influencer

In “The Truman Show”, il protagonista è costantemente osservato da un pubblico invisibile.
Una parabola antesignana degli odierni influencer, che sono però consapevoli e desiderosi di essere costantemente sotto i riflettori. O almeno finché le cose vanno bene.

Nel mondo digitale, la fama può trasformarsi rapidamente da un fiume di opportunità a un susseguirsi di scandali. L’esempio più recente e altisonante è la storia dei prodotti Balocco sponsorizzati da Chiara Ferragni. Un’azione commerciale giudicata ingannevole in quanto, secondo Antitrust e Codacons, si lasciava intendere che il ricavato sarebbe stato devoluto in beneficenza, mentre in realtà la donazione era già stata fatta prima della messa in commercio dei prodotti dolciari griffati.

La notizia si è diffusa a macchia d’olio, e da lì in poi è andata sempre peggio per la fondatrice di The Blonde Salad.
Il video di scuse in abiti ben diversi da quelli indossati di solito e le lacrime -da tanti giudicate “di coccodrillo”- non sono servite a placare la polemica, anzi hanno gettato benzina sul fuoco.

L’effetto domino dall’abbandono dei brand alle accuse verso Fedez

In pochi giorni, i Ferragnez sono passati da idoli del popolo a bersagli di una critica molto accanita, e nel corso della vicenda i due si sono separati.

Appena l’eco della vicenda Balocco-Ferragni si è amplificato, a uno a uno i brand che collaboravano con l’influencer si sono allontanati. È emblematico l’esempio di Pantene, a cui Ferragni da anni prestava il volto, e che ad oggi si è rivolto ad una modella israeliana dalla fisicità simile alla precedente testimonial.

A complicare ulteriormente la situazione, l’uscita del libro-inchiesta di Selvaggia Lucarelli, “Il vaso di pandoro”, che non solo ha riacceso il dibattito sullo scandalo dei pandori Balocco, ma ha anche svelato dei retroscena che coinvolgono anche i figli di Chiara Ferragni, e persone che gravitano intorno alla sfera della coppia.

Infine, Fedez è stato coinvolto in un altro scandalo quando è stato indagato per una rissa avvenuta in una discoteca milanese. Questo evento ha ulteriormente eroso la reputazione della coppia, alimentando il fuoco delle critiche e sollevando domande sulla condotta personale degli influencer.

Quello appena descritto è forse il più grande scandalo da quando la parola influencer è entrata nel nostro vocabolario.

A prescindere dall’esito delle indagini delle autorità competenti, la carriera di Ferragni in questo settore è probabilmente arrivata al capolinea.
In primis, è stato scalfito il principale asset che faceva di Ferragni una delle personalità più in vista nel panorama social e della moda: i follower. Dall’inizio della faccenda ne ha persi 3 milioni solo su Instagram. Una bazzecola, se consideriamo che non sono neanche il 10% della sua fan-base, ma continua a sussistere una lenta e inesorabile media di -3000 al giorno.
In secondis, a distanza di ormai mesi, gli occhi dei media sono ancora morbosamente puntati su Ferragni e l’ex marito. Quest’ultimo, dopo aver apertamente preso le distanze dalla vicenda durante il programma “Belve”, è di recente uscito in pubblico con una possibile nuova fiamma, e la notizia è ben presto rimbalzata tra tutte le testate digitali.

Sarà un caso, ma dopo poche ore, Ferragni pubblica questo video sul profilo TikTok:

Che il commento fosse innocente o una frecciatina, gli utenti continuano a cercare messaggi subliminali dappertutto. Chi con buone intenzioni, e chi con l’unico scopo di fare notizia.

Fama fragile e capri espiatori

Quando un fatto viene associato a un volto così conosciuto, è assai troppo facile saltare a conclusioni, ignorando qualsiasi grado di giudizio (un esempio: ricordate le accuse di violenza nei confronti di Johnny Depp? Ricordate com’è finita?).

Fino a poco tempo fa credevamo che essere riconoscibili significasse semplicemente essere famosi. Ora sappiamo che comporta anche essere facili da additare, accusare. Nei casi peggiori, facili da perseguitare. I motivi principali sono:

  • La sovrapposizione tra brand e persona: il classico marchio è un insieme di valori e significati dietro al quale lavorano molti individui senza volto, mentre l’influencer “vende” sé stesso e risulta quasi impossibile tenere separate vita professionale e privata;
  • Le notizie sui new media, siano esse cronaca o fake news, corrono più veloci della giustizia e si diffondono in modo virale
  • L’opinione dell’utente medio si forma in base alla quantità di pareri, non alla qualità

È quindi probabile che, se tutti i giornali o i social descrivono negativamente un singolo individuo, si diffonderà l’opinione che ciò sia vero e la sua reputazione sarà rovinata.

All’inverso, se ad essere accusato -anche di fatti molto gravi- è un gruppo numeroso e indistinto di persone, la probabilità che i singoli subiscano la gogna mediatica è più bassa.

Ndr: il cosiddetto Pandoro-Gate è stato e rimane un’azione esecrabile, l’autrice tiene soltanto a sottolineare quanto le conseguenze più gravi siano ricadute sulla testimonial e siano invece state “diluite” per l’azienda

Conclusioni

La vicenda di Chiara Ferragni e il cosiddetto “Pandoro-Gate” offre un’importante lezione sui pericoli e le responsabilità legate alla vita da influencer. Questo episodio ha messo in luce come la fama possa rapidamente trasformarsi in un’arma a doppio taglio, dove la percezione pubblica e le narrazioni mediatiche possono demolire anni di costruzione di un’immagine pubblica. La storia dei Ferragnez ci ricorda che nel mondo digitale, la linea tra vita privata e professionale è estremamente sottile e che gli influencer, a differenza dei marchi tradizionali, mettono in gioco la propria persona, rendendosi vulnerabili a critiche e scandali. Nonostante tutto, l’influencer marketing continuerà ad evolversi, spingendo sia le personalità pubbliche che i brand a riflettere più attentamente sulle implicazioni etiche delle loro azioni e sulla necessità di trasparenza e autenticità nelle loro campagne.

Guida pratica al campanilismo toscano per forestieri

Per quanto i media si impegnino a convincerti che tutti i toscani parlino con la C aspirata, la calata dei neo-etruschi in realtà cambia prima ancora di passare da una provincia all’altra.
Per non rischiare di scambiare uno di Stagno per uno di Montelupo, causando ira funesta e anatemi irripetibili, certe sfumature vernacolari vanno sapute.
Specialmente quando si lavora nel mondo della comunicazione.

I brand che hanno provato a parlare toscano

Quando i grandi marchi decidono di entrare nel territorio toscano, spesso si trovano di fronte a una serie di insidie linguistiche e culturali che metterebbero in difficoltà anche i nativi.

È il 1981, il duo Luis Ciccogliani / Alessandra Mazzucchelli fa consulenza creativa a Fiat.
Per promuovere la leggendaria utilitaria, gira lo slogan “Panda sei grande” e durante questo meraviglioso e nostalgico spot personaggi di tutta Italia spiegano perché hanno scelto la Panda. Tra loro il viticoltore, l’artigiano, il cittadino, tutti chiaramente provenienti dalla provincia di Firenze.
Sta andando tutto bene, finché in chiusura tre ragazze in piazza dei Miracoli non esordiscono con un “gl’è una gran drittaha”.
Eh vabbè, ci hanno provato.

Ma questi errori da forestieri non sono appannaggio del millennio scorso, e un esempio lampante è quello di Estathé.
Il celeberrimo brand del gruppo Ferrero bussa alla porta di Livorno, patria dei più accaniti consumatori della bevanda, ma commette l’imperdonabile errore di inserire in grafica un piatto fiorentino.
Eresia.
A parte il fatto che si scrive dé, e comunque il lampredotto in piazza Mascagni non si è mai visto. Al massimo un 5 e 5.

Una regione, mille campanili

Ci sono due cose in cui noi toscani siamo maledettamente bravi: far da mangiare e starci su c@**o a vicenda.
Il campanilismo toscano è proverbiale, risaputo in tutta la penisola.
A distanza di pochi chilometri cambia il dialetto, la ricetta della trippa e naturalmente anche vicinissimi di casa diventano avversari fenomenali. Per non parlare dei contrasti interni nelle città di Palio…

Proviamo a riassumere con uno schema:

  • Pisa – ce l’ha con tutti e tutti ce l’hanno con lei
  • Livorno – Pisa e Firenze
  • Firenze – fa la grossa con i paesini di provincia, ma ne tocca dai capoluoghi, specialmente Pisa e Lucca
  • Lucca – Pisa
  • Siena – Arezzo e Firenze
  • Massa – Carrara (non importa che la provincia sia stata unita, anzi forse è peggio..)
  • Pistoia – Prato, e viceverse

Grosseto è talmente a sud che non la prendiamo neanche in considerazione, ma diciamo che ci stanno simpatici così possiamo continuare ad andare in ferie a Castiglione della Pescaia.

Dialetti

In iDNA siamo a malapena 20 anime, parliamo NOVE dialetti diversi, e “solo” 4 sono toscani.
Immaginatevi le nostre riunioni, dove questi idiomi locali si fondono in una cacofonia indecifrabile. Per farvi un’idea, qui la lista tremenda di dialetti e intercalari più usati da ciascuno:

Livornese:
Pisano: gaò
Butese: ghiàmine
Santacrocese: dìassa
Veneto: ghesboro
Modenese: vaccabòia
Varesotto: alùra
Pugliese: mo’
Siciliano catanese: mizzica
Volendo possiamo aggiungere alla lista anche il Milanese: taaac, top e altre abusatissime interiezioni tipiche del linguaggio markettaro, nativo della città meneghina

Le più accese dispute vengono fuori intorno al biliardino (calcio balilla, ndr), dove ogni scusa è buona per sfoderare insulti più o meno goliardici alla città dell’avversario. A volte anche dello stesso compagno di squadra, se la prestazione è poco soddisfacente.

L’uso del vernacolo in campagne pubblicitarie: case study in iDNA

Per ragioni territoriali, molti dei nostri clienti sono toscani. Alcuni di loro hanno scelto di sfruttare la riconoscibilità del dialetto per sviluppare concept creativi e campagne pubblicitarie, complice anche un target circoscritto a precise zone geografiche.

Motorteam: Se non l’hai capito, siamo a Livorno

Motorteam srl è una storica concessionaria di scooter e moto del gruppo Piaggio, Vespa, Moto Guzzi, Gilera e Aprilia.
L’inaugurazione di un punto vendita a Livorno è stata l’occasione perfetta per giocare con stereotipi tipicamente labronici come le infradito sempre ai piedi.

Gào: Toscana Ammodo Nostro

Se è buono e fatto bene, è ammodo. Non c’è parola più adatta per descrivere i gustosi panini e il finger food preparato da Gào, il food truck pisano che usa ingredienti tipicamente toscani per creare street food gourmet.

Probabilmente a quest’ora ti è passata la voglia di avere a che fare con i toscani, ma se riesci a scavalcare il nostro caratteraccio ti renderai conto che siamo anche capaci di cose ganzissime.
Siamo nati circondati da arte e bellezza e dotati -che tu la ami o la odi- di tanta simpatia. Forse anche per questo siamo bravi nel nostro lavoro?

Se ti va di scoprirlo, sai dove trovarci.

Ah non lo sai?

La nostra partnership con Spotify Advertising

Da oltre 7 anni siamo Preferred Partner di Spotify Advertising e siamo gli unici in Italia a seguire la parte digital.
Abbiamo un filo diretto con i team Accounting di Milano e Parigi, ma abbiamo lavorato con altri paesi europei come Spagna e Germania.

Oggi vogliamo mostrarvi cosa succede “dietro le quinte” di una campagna e qual è stato il nostro contributo alla realizzazione di alcuni percorsi utente spettacolari.

Getting started: il brief

Il team Sales di Spotify ci contatta ed espone il brief, secondo le direttive del brand. 

Il concept di campagna è già definito a priori. Il nostro compito, nei progetti più complessi, è stato quello di offrire una proposta strategica che rientrasse nei format di Spotify Advertising, per dare vita a un percorso coinvolgente per l’utente.

In passato, durante questa fase c’è stata occasione per offrire al team Accounting di Spotify una sorta di consulenza pre-sales, per trovare insieme una soluzione efficace e realizzare una digital experience in linea con le guidelines del brand.

Alcune tipologie di Digital Experience realizzate da iDNA in collaborazione con Spotify Advertising

Per i progetti qui elencati, abbiamo analizzato il profilo musicale e le interazioni dell’utente sul minisito per estrapolare dati da mettere in relazione a valori o prodotti, o fatto dei match di informazioni che possono generare o consigliare una playlist legata al brand di riferimento.

A livello tecnico, sviluppiamo la meccanica di una campagna già strutturata, per “collegare” i brani al brand utilizzando API proprietarie.

MUSIC MATCH – CASE STUDY: SPOTIFY RADAR

Per il lancio della playlist Spotify Radar Italia, abbiamo collaborato allo sviluppo grafico e tecnico di un minisito dedicato. Basta accedere al proprio account per scoprire artisti affini ai propri gusti musicali.

Scopri il progetto

Digital Experience realizzata da iDNA per la playlist Spotify Radar Italia

DISRUPTIVE HOMEPAGE TAKEOVER – CASE STUDY: ADIDAS

Abbiamo realizzato un’animazione dedicata a Adidas – Home of Classics che, per 24 ore, ha completamente trasformato l’interfaccia di Spotify.

Scopri il progetto

Homepage Takeover (HPTO) realizzata da iDNA per Adidas

CONTENT HUB – CASE STUDY: LUFTHANSA

Abbiamo realizzato un content hub che racconta cinque città del mondo (New York, Rio de Janeiro, Buenos Aires, Mumbai e Shangai) attraverso due anime: la musica tradizionale e quella nuova ed alternativa, che convivono negli stessi spazi urbani.

Scopri il progetto

Content hub realizzato da iDNA per la campagna #SayYesToTheWorld di Lufthansa

MUSIC ANALYZER – CASE STUDY: YSL BEAUTY

Un progetto internazionale in occasione del lancio della nuova fragranza femminile di YSL Beauty, Libre. Il progetto offre un’esperienza digitale personalizzata basata sulle abitudini musicali dell’utente e restituisce risultati in più lingue.

Scopri il progetto

Esperienza digitale realizzata da iDNA, partner Spotify, per il brand Yves Saint Laurent Beauty

Sponsored Playlist

Da qualche mese, la strategia della piattaforma sta virando verso percorsi utente più semplici e immediati e la nostra partnership si sta evolvendo.
Ti è mai capitato di ascoltare la tua playlist preferita e trovare sulla cover o nella didascalia riferimenti a un marchio famoso? Si tratta di una Sponsored Playlist.

Le playlist originali Spotify possono essere sponsorizzate dai brand per favorire una connessione con un ampio bacino di utenti.

In questo caso, il nostro supporto incide prevalentemente sul visual e comprende l’adattamento di asset prestabiliti ai formati richiesti dalla piattaforma di streaming.

La proposta commerciale di Spotify Advertising varia periodicamente, influenzata da tantissime variabili. Fino a poco tempo fa erano molto richiesti i minisiti, in questo momento le Sponsored Playlist rappresentano la maggior parte delle richieste, fra un anno la situazione sarà cambiata di nuovo.
Essere partner Spotify è stimolante, perché significa interfacciarsi con una realtà internazionale, essere flessibili e propositivi ma soprattutto vedere da vicino come evolvono i trend.

Pacini Editore 150°: heritage e digital storytelling

Centocinquant’anni non è un’età umana, superata la soglia dei cento, che di per sé è già qualcosa di straordinario, si entra in quel tempo delle misure a proiezione infinita, attraversano generazioni, abbracciano mode stili costumi e storie così apparentemente distanti tra loro, ma realmente vicine e connesse.

Una casa editrice che per 150 anni ha creato e diffuso cultura di storie ne ha moltissime da raccontare e tra scoperte e pietre miliari temporali abbiamo voluto che sia proprio il tempo a raccontare il centocinquantesimo di Pacini Editore.
Dal 1872 quando nacque la tipografia in piazza dei cavalieri a Pisa ad oggi, abbiamo definito 11 milestones trasformandole in icone-collage con una data scritta in un carattere tipografico contemporaneo di ogni momento scelto nella lunga timeline aziendale, e delle immagini simboliche, di quello che ha segnato un punto di svolta nella storia aziendale, tutto posizionato su un background rosso scuro, amaranto, colore antico e tradizionale in accordo con il rosso Pacini, un colore scelto non a caso.

Il rosso non è mai stato un semplice colore

Oggi diciamo “rosso” e abbiamo l’idea del rosso, come spiega Ludwig Wittgenstein in Osservazioni sui colori. È il colore archetipico. Per dire “colorato” e “bello” nelle lingue antiche si dice: “rosso”. Colore dell’amore e dell’erotismo, del pericolo e del divieto, del dinamismo e della creatività, della gioia e dell’infanzia, del lusso e della festa, del sangue e del fuoco, dell’inferno e della materia. Nelle grotte di Altamira, a Chauvet, a Cosquer, a Lascaux e a Pech-Merle, trentamila anni fa i nostri progenitori col rosso ricavato dall’ematite, uno dei minerali di ferro più diffusi, fissavano sulla roccia i profili degli animali cacciati. Venticinquemila anni prima che qualsiasi abito fosse colorato, il rosso c’era già. Per millenni è stato l’unico colore degno di questo nome. Non il rosso inteso come concetto, o idea, ma il rosso associato agli oggetti e agli esseri viventi: elemento naturale. Questo rosso significa vita, un’azienda che è viva più che mai, che si è saputa rinnovare sempre adattandosi e migliorandosi con il tempo.

Reportage, tra passato e futuro

In 150 anni di storia, Pacini Editore ha consolidato la propria posizione nel settore, investendo in tecnologia e sviluppando 4 business unit specializzate: Pacini Editore, Pacini Editore Medicina, Pacini Giuridica, Industrie Grafiche Pacini. La nostra strategia si è incentrata sul dare vita alla timeline, raccontando ogni milestone in contenuti social pensati per essere trasversali a tutti i brand che fanno capo a Pacini Editore.

La famiglia Pacini ci ha aperto le porte dell’azienda e permesso di fotografare cimeli dal valore affettivo inestimabile, e di raccogliere le testimonianze di chi ha vissuto in prima persona la crescita del marchio. In due giornate di shooting abbiamo realizzato un reportage sulla vita dell’azienda, un racconto per immagini fatto da persone e ambienti di lavoro ricchi di storia. I reportage in azienda sono momenti importanti che fissano un ritratto di tutte le persone che sono coinvolte nella vita dell’impresa, le foto diventano una galleria, un racconto, dove tutti possono diventare spettatori di loro stessi e degli altri, vedere i loro ruoli professionali attraverso lo sguardo di un fotografo e acquisire un momento nuovo di consapevolezza, di essere presenti al raggiungimento di un traguardo così importante, nella storia di Pacini Editore.
La nostra proposta creativa si è estesa anche alla produzione di gadget da distribuire durante le fiere di settore delle quali l’azienda è ogni anno protagonista, prima fra tutti il Salone del Libro a Torino. Inoltre, nel sito web di Pacini Editore, abbiamo progettato una landing page dedicata alla ricorrenza.

Intelligenza arte-ficiale: le reti neurali che salvano quadri perduti

Le nuove tecnologie ci stanno aiutando a recuperare opere inestimabili che si pensava fossero perdute per sempre.

Il mondo dell’arte è già avvezzo a questo tipo di strumenti, usati per distinguere i falsi e attribuire la paternità dei dipinti. Gli algoritmi di machine learning, che riescono a riconoscere la mano dell’autore, adesso vengono usati per replicare lo stesso tocco su una tela più “giovane” di decenni, se non secoli.

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